Alice Project – Sarnath, Varanasi / 24.03.2017
“La Madre Terra è malata perché la nostra mente è malata!”, cioè occorre purificare la nostra mente ormai inquinata per combattere l’inquinamento ambientale.
Il Progetto Alice è un’organizzazione no profit autorizzata dal Governo Indiano e tutelata dalla diplomazia italiana che a partire dal 1994 si prefigge proprio questo compito: sviluppare un’educazione diversa, integrandola con esperienze e ricerche interiori.
Due sedi, una a Barbatta – Bodhgaya (nello Stato del Bihar) e una a Sarnath (in Uttar Pradesh, vicino Varanasi). Quest’ultima ci ha aperto le sue porte stamattina, 24 marzo, sul presto. Siamo arrivate alle 8 di mattina, in tempo per quella che definiscono l’“Assemblea” iniziale in cui tutti gli studenti, disposti in file ordinate nelle loro uniformi celesti, si riuniscono nello splendido giardino della struttura, quello che accade è quasi uno spettacolo: meditazione, canti, mantra.
“Ogni giorno cambiamo, ogni giorno recitiamo qualcosa di diverso. Oggi un canto hindu, domani potrebbe essere una preghiera cristiana e il giorno dopo ancora un mantra buddhista.” ci spiega Luigina De Biasi, colei che, seguendo l’ideatore di questa nuova tipologia di istruzione, il maestro Valentino Giacomin, porta avanti il progetto a Sarnath. “La base del Progetto Alice si fonda sul concetto di unità. Non devono esserci divisioni relative a nazionalità, religione, sesso. Qui tutti vengono accontentati, tutti sono a contatto con tutti, poi ognuno ha la sua religione, il suo pensiero, per carità. Ma che nessuno si senta escluso, mai.”.
Il progetto Alice deve il suo nome proprio al noto romanzo di Alice nel Paese delle Meraviglie, la protagonista di questa storia è di fatti una bambina che viaggia nella sua fantasia, ma senza perdersi. Allo stesso modo con questo metodo si vuole far sì che gli studenti di questa scuola maturino la capacità di trovare la loro individuale strada nel mondo che li circonda, e allo stesso tempo capire le strade del loro mondo interno, così da non sentirsi persi né dentro né fuori.
Come?
“La premessa alla metodologia del Progetto Alice è che la sofferenza sia causata da una errata percezione della realtà che è comunemente conosciuta col nome di ignoranza.” appurata questa considerazione, la proposta formativa offerta agli studenti prevede l’utilizzo di quella che Luigina ci ha illustrato come “catena conoscitiva”: percezioni, seguite da pensieri, immagini, idee, emozioni, reazioni fisiche, lingua, motivazione, decisioni, azioni e risultati delle azioni per sé e per gli altri.
Cioè affiancando tutte queste discipline a quelle che normalmente vengono presentate da programma in qualunque normale scuola, cercando così di consegnare agli studenti dei mezzi di difesa da quella che viene definita come “decostruzione cognitiva”, ossia il fatto che la causa di tutti i malesseri e i disfunzionamenti delle nuove (e non) generazioni sia legata semplicemente a un’errata percezione di tutto ciò che avviene, che può però essere recuperata e corretta.
Luigina ci racconta tutto questo davanti a un buon caffè, ci parla di come tutto è nato, di ciò che è stato ottenuto, i riconoscimenti dagli esperti e nel più piccolo le soddisfazioni ottenute da ex-studenti. Ma ci parla anche della fatica e dei problemi dietro le quinte, dei bastoni tra le ruote che sono stati messi da chi era ed è tutt’ora scettico nei confronti di questa nuova modalità d’istruzione.
Può oggettivamente apparire strana come impostazione accademica; tecnicamente a scuola si deve imparare a leggere e a scrivere, nozioni principali, un po’ di cultura generale. Questo è giusto, ma perché non andare oltre. La matematica non sta solo in semplici numeri scritti su un foglio, così come la scrittura non è solo mettere lettere una dietro l’altra. La scuola deve insegnare, tutto il possibile, anche come vivere bene, soprattutto come vivere bene. Il detto “ci sono lezioni che a scuola non ti insegnano” può e deve essere smentito, qui lo fanno, e lo fanno bene. È stato emozionante e d’impatto poter sbirciare in questa oasi di cultura. I bambini erano così tranquilli ed educati da non sembrare nemmeno bambini, ma in senso buono. Questa scuola li rende maturi, ma senza privarli della gioia dell’infanzia, tangibile e bella nei loro sorrisi e nelle urla dei giochi organizzati nel cambio dell’ora.
“È importante che la consapevolezza che cerchiamo di trasmettere loro non vada ad accelerare i tempi di crescita, sono pur sempre bambini ed è giusto che facciano tutto ciò che li caratterizza. Li aiutiamo a capire come affrontare le difficoltà, ma parlando loro delle cose belle. Insegniamo loro a guardarsi dentro, ma indicandogli un bel panorama. Vogliamo purificargli la mente, ma è giusto che si sporchino giocando all’aria aperta.” Diciamo sempre che la vita è una grande maestra e noi tutti siamo pessimi alunni, in realtà forse ci mancano solo le basi. Basi che questi bambini, grazie a questo progetto, avranno.