Nell’ambito del progetto europeo Risewise, dopo l’esperienza di Madrid è arrivato il momento di volare a Guimarães, in Portogallo, dove mi sono trattenuta un mese facendo riferimento alla Universidade do Minho e all’associazione Fraterna. Come nella precedente occasione, la mia ricerca è finalizzata alla realizzazione di uno studio sull’accessibilità dei luoghi che visito, con un occhio di riguardo alle esigenze delle persone con disabilità motorie. In quest’ottica ho voluto testare alloggi, trasporto pubblico, accesso ai luoghi di interesse turistico, uffici pubblici e percorribilità di strade e marciapiedi. L’esperienza mi ha insegnato a non fidarmi ciecamente dei principali siti per la prenotazione dell’alloggio. Per evitare di trovarmi di fronte a locali inaccessibili, infatti, preferisco prenotare solamente i primi giorni di soggiorno per poi verificare in loco l’accessibilità delle sistemazioni successive, regola che si è rivelata valida anche per Guimarães. La città, per la tipica conformazione architettonica del centro storico, offre poche soluzioni abitative adeguate a persone con mobilità ridotta che intendano soggiornare per periodi medio-lunghi data la presenza di scale e ingressi stretti che non consentono l’accesso con la carrozzina.
Situata nel Nord del Portogallo, Guimarães ha un centro storico medievale, ben conservato, che l’ UNESCO ha riconosciuto come Patrimonio dell’Umanità. La città, che ha svolto un ruolo fondamentale nella nascita del Paese, come ricorda con orgoglio l’iscrizione sulle mura “Aqui nasceu Portugal” (“Qui è nato il Portogallo”), si stende su un terreno accidentato, con salite e discese non sempre facili da affrontare per le persone a mobilità ridotta. Per chi, come me, si muove in sedia a rotelle, Guimarães è una delle città che sarebbero impossibili da visitare senza l’aiuto di un assistente personale e di un propulsore elettrico. Alcune vie, infatti, presentano marciapiedi stretti che ostacolano gli spostamenti, e la tipica pavimentazione a sampietrini non permette una circolazione agevole nel centro storico. Ma nulla è impossibile: spesso la mancanza di accessibilità è compensata dalla disponibilità all’aiuto da parte delle persone che si incontrano lungo il cammino.
Abbiamo testato l’accessibilità degli autobus cittadini, tutti moderni e dotati di rampa d’accesso. Per raggiungere Porto e poi Lisbona, ci siamo affidati al trasporto ferroviario CP Comboios de Portugal. Mezzi accessibili e puliti, banchine a livello del treno e prezzi convenienti sia per le tratte brevi sia per le lunghe distanze, con uno sconto che consente, come in Italia, di viaggiare gratis all’accompagnatore della persona disabile. Il servizio taxi è efficiente, tariffe in linea con quelle italiane, ed è possibile richiedere un mezzo attrezzato per il trasporto disabili a parità di prezzo. Un apprezzamento particolare merita la compagnia aerea TAP con la quale abbiamo volato al rientro: assistenza in aeroporto perfetta, nessun problema per sistemare a bordo il mio Triride, il propulsore elettrico per la carrozzina, e assistenti di volo cortesi e disponibili. Il prezzo per la tratta Lisbona-Milano è stato di 48 euro, incluse bevande e snack.
Sono stata invitata come speaker alla facoltà di architettura dell’università Do Minho per un evento interdisciplinare. Il meeting, cui hanno partecipato donne provenienti da diversi paesi d’Europa, mi ha offerto la possibilità di raccontare il mio progetto sul turismo accessibile e di confrontarmi con le esperienze delle altre donne che partecipano al progetto Risewise. Molto interessante è stata l’opportunità di dialogo con persone provenienti dalle organizzazioni di altri Paesi aderenti al progetto, come Rosa e Sirkku, la prima una ricercatrice della Middle Est Technical University di Ankara che si occupa di soluzioni informatiche per persone con disabilità, l’altra docente delle stesse materie alla Stockholm University. Un obiettivo comune: mettere a disposizione di tutti le singole esperienze, condividere e implementare le conoscenze reciproche.
L’esperienza in Portogallo, nonostante le difficoltà fisiche dovute alla conformazione del territorio, mi ha consentito di affinare ulteriormente gli skills relativi al turismo accessibile. Da qualche anno viaggio seduta a causa della malattia e, nel rivedere luoghi che avevo già visitato da “camminante”, riesco a vedere le barriere e gli ostacoli di cui prima non mi accorgevo. Ritengo che questa mia esperienza rappresenti un valore aggiunto che intendo mettere a disposizione di chi vorrebbe viaggiare e magari rinuncia per paura, ma anche di chi è preposto alla progettazione degli spazi dedicati alle persone con disabilità, perché non necessariamente “accessibile” deve essere sinonimo di “brutto”, come capita di vedere nella maggior parte dei servizi igienici e delle stanze per disabili. La bellezza fa bene a tutti.